LE MMA DEMONIZZATE DOPO LA MORTE DI WILLY ….
LE MMA DEMONIZZATE DOPO LA MORTE DI WILLY, L’ISTRUTTORE FERRARA: “LE ARTI MARZIALI INSEGNANO IL RISPETTO, NON AD AMMAZZARE”
I fatti di Colleferro, che hanno portato alla morte del giovane Willy Monteiro Duarte, continuano a tenere banco sui media nazionali. Quella notte tra il 5 e il 6 settembre, quando un gruppo di quattro soggetti, i fratelli Gabriele e Marco Bianchi, Mario Pincarelli e Francesco Belleggia hanno segnato una pagina triste della cronaca nera italiana. I media hanno subito cercato il capro espiatorio, individuato nelle MMA, le arti marziali miste praticate dai ragazzi, ma nessuno (salvo alcune eccezioni, ndr) ha speso una parola nel precisare che i ragazzi, almeno nei fratelli Bianchi, avevano già ricevuto delle denuncie per risse, minacce, droga e lesioni, oltre al porto abusivo di oggetti atti a offendere. La MMA è il male, leggendo i media italiani, invece è stata volutamente trascinata da chi deve demonizzare delle discipline sportive che insegnano tutt’altro. Di questo ne abbiamo parlato con Onofrio Ferrara, istruttore federale della Federazione italiana Krav Maga (FIKM), che da anni promuove anche un suo personale stile di difesa personale, misto tra Krav, Karate, Thai Boxe, Kapap, Jeet Kune Do e Street Fight .
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“Non c’entrano niente le MMA” – esordisce l’istruttore FIKM Ferrara parlando di arti marziali miste, uno sport in cui vengono utilizzate diverse tecniche, e precisa – “Resta uno sport e in quanto tale ha delle regole che sono anche molto rigide. Di certo non è la causa della morte di Willy, dove addirittura quattro ragazzi si sono accaniti su di un ragazzo che stava a terra, le arti marziali non insegnano questo. Non si può spezzare una vita in questo modo, con un aggressione in piena regola. Un pugno dato alla tempia o al collo, per dire, può creare danni seri anche da parte di chi non è praticante di arti marziali”. – Il discorso prosegue – “Raramente ci sono morti negli sport da combattimento, molti anni fa accadevano perchè i controlli erano diversi e magari non si riusciva a scorgere qualche emorraggia interna, che poi diventava fatale al primo scossone, al primo pugno. Oggigiorno sono molto più controllati, mentre per il discorso da “strada”, chi pratica arti marziali sa che è penalmente perseguibile e la loro conoscenza marziale costituisce un’aggravante in tal caso”. – Si passa a parlare di esperienze personali, specialmente con allievi dalla testa calda – “Certo, ne ho avuti. C’è stato chi è cambiato ed è maturato, ma anche chi ha capito che non era come pensava e quindi ha deciso di non proseguire il percorso preso. Noi che svolgiamo il ruolo di istruttore, abbiamo grandi resposabilità, dobbiamo far crescere l’allievo come se fosse un figlio. Dispiace sempre quando devi allontanare una testa calda, la senti come una sconfitta personale. Talvolta la via delle arti marziali va a costituire una sorta di riscatto sociale, in Campania abbiamo tanti casi da poter prendere d’esempio e tutti con un lieto fine, ma starei qui a parlare per ore”. – La chiosa sugli insegnamenti – “Da fuori vedono questi corsi come se fosse solo un dare calci e pugni, ma invece insegniamo anche il rispetto dell’avversario, quando si è su di un ring, tatami o che sia, e il rispetto verso il prossimo nella vita quotidiana, non siamo e non saremo mai un luogo dove insegnare a procurare dolore deliberatamente, quello lo lasciamo ai film”.
Pubblicato da: Gianfranco Collaro